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Il processo utilizzato consta nel creare le condizioni chimico-biologiche ottimali per permettere a enzimi e microrganismi, normalmente presenti nei terreni, di degradare le sostanze organiche inquinanti, restituendo alla fine del processo un terreno non più contaminato.

La lavorazione dei terreni inizia con la vagliatura allo scopo di eliminare inerti grossolani e materiali estranei (cemento, laterizi, plastica, metalli, legname). Al sottovaglio fine vengono addittivati nutrienti ed un materiale inerte  poroso. I nutrienti sono indispensabili per creare un rapporto azoto, fosforo, carbonio equilibrato alle necessità dei microrganismi; l’inerte poroso (perlite) ha il compito di aumentare la permeabilità del terreno all’aria.

Infine i terreni sono posizionati in trincee (biopile) e sottoposti ad aerazione ed umidificazione controllate, per garantire la percentuale di ossigeno e di acqua indispensabili al processo biologico. La durata del processo è variabile a seconda della tipologia e concentrazione degli inquinanti, della porosità e temperatura del terreno.
Il processo è controllato mediante PLC, che riceve in continuo i dati dalle centraline di rilevazione poste sulle biopile, adegua in modo automatico i parametri impiantistici e segnala eventuali difformità.

Al raggiungimento dei limiti previsti, il terreno viene considerato decontaminato e riutilizzato secondo norma.